Adagiata su una collina ai piedi dei monti ricoperti da conifere ed eucalipti, Chiaramonte Gulfi è l’emblema del paesaggio della provincia iblea. Accanto ai percorsi naturalistici attraverso i monti e in particolare sulla cima dell’Arcibessi, antico luogo di riti cristianizzati ancora in voga nell’ ’800, si scorge l’altipiano ibleo e da lontano la piana Ipparina e la distesa degli ulivi “Saraceni” simbolo di questa terra.
Scendendo dai tornanti della strada statale, prima di giungere in città, si incontra la chiesetta del XVI secolo della Madonna delle Grazie che è immersa nella pineta e che custodisce una statua marmorea della Vergine dello scultore Luca Maldotto. I palazzi barocchi, i cortili in basolato di pietra dura, i vicoli e le scalinate del centro storico, le chiese e le costruzioni più recenti, le stradine ancora in pietra, declinano a Sud verso la pianura mentre ad Est si inerpicano nella parte alta della collina.
L’attuale tessuto urbano nacque nel 1300, dopo la distruzione efferata della città compiuta dagli Angioini nel 1299, un avvenimento citato dallo storico Solarino che scrisse: “La sola ricordanza suscita grida di raccapriccio e angoscia”.
Fu la famiglia dei Chiaramonte ad attribuire il nome del proprio casato alla città.
Il Conte Manfredi I (che ricevette dal Re Federico nel 1296 la Contea di Modica) appartenente al casato normanno proveniente dalla cittadina di Clermont de L’Oise in Piccardia (con cui Chiaramonte è gemellata), dopo la cacciata dei francesi volle ricostruire la città sull’altura, fortificandola con un castello. La fortezza riportava tre porte di accesso, di cui una, la Porta Nord Ovest dell’Annunziata è ancora straordinariamente intatta.
Il terremoto della fine del Milleseicento distrusse quasi interamente il castello e tutto il suo contesto. E la città nell’impeto della ricostruzione, seguì il modello del barocco della Val Di Noto, senza abbandonare l’antico tracciato medievale del reticolo di vie e incorporando tutte le testimonianze d’arte che sopravvissero miracolosamente al cataclisma. Il regio decreto del 1881 impose l’aggiunta del nome Gulfi, in memoria dell’antica città